Argia di Donato

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CaffèLetterarioOnAir

by on mar.08, 2013, under blog

Caffè letterario con Argia di Donato in diretta su Radio CRC Targato Italia, ospite di Barba&Capelli con Corrado Gabriele e Ferruccio Fiorito. 

Ferruccio Fiorito, Argia di Donato, Corrado Gabriele

Ferruccio Fiorito, Argia di Donato, Corrado Gabriele

“Una buona giornata comincia sempre da un buon caffè. Se letterario, meglio!”

***Caffè letterario è un gruppo fondato da Argia Di Donato, scrittrice e pittrice partenopea, all’interno del Social Network Facebook nel 2008 con l’intento di creare un salotto culturale ‘virtuale’, quale punto di riferimento per eventi letterari di rilievo presenti sul territorio nazionale.***

“Voglio ringraziare gli amministratori del gruppo che gestiscono la pagina. Cerchiamo, ognuno per la propria parte, di apportare un piccolo tassello a quell’affascinante mosaico chiamato cultura.” 

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Caffè Lettarario

Caffè Letterario

Il programma Barba&Capelli di Corrado Gabriele e Ferruccio Fiorito ospita Caffè Letterario di Argia di Donato.

Tutti venerdì dalle 8.30 alle 10.00 su Radio CRC – Targato Italia Fr. 100.500

Di seguito i video su Youtube

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata – Special Focus: Al rogo la Cultura!

 

Argia di Donato

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Il Lupo e la Luna

by on dic.22, 2012, under blog

il lupo e la luna Un tempo, in una grande foresta viveva un lupo. Era una creatura di grande intelligenza ed andava assai fiero per il suo folto pelo argentato. Aveva un solo tormento. Trascorreva le sue notti a cantare alla Luna alla quale era devoto. In poche parole l’adorava e sognava un giorno di poterla raggiungere.

Così ogni notte, a seconda delle fasi lunari, si posizionava sull’altura sporgente della grande foresta dando vita a versi ogni volta differenti. Quando era piena, le celebrava la bellezza dell’amore che rende possibile la vita sulla terra, e quando era scura le rivelava la solitudine della morte esortandola a ritornare ad illuminare la terra.

Le parlava spesso, sperando che quella scendesse dal cielo e accarezzasse il suo manto d’argento. Le chiedeva un cenno ma quella rimaneva muta, pallida e sospesa nella volta del cielo.

Trascorse del tempo.

L’ossessione per la luna si impadronì del cuore del giovane lupo che smise di cacciare e di correre solo per cantare in suo onore. Così divenne magro ed emaciato. Il suo bel pelo d’argento, divenne cereo e spento. E le forze abbandonarono il suo corpo ormai troppo denutrito.

Trascorse ancora del tempo.

Il lupo cominciò a dannarsi perché non capiva come mai il suo sospirato sogno rimanesse su nel cielo, senza mai scendere sulla terra. E si incaponì al tal punto da piantarsi saldamente all’altura. Neve, vento, pioggia, sole e terra. Ogni cosa ormai non aveva più alcuna importanza per lui. A parte la luna.

Morì così. Il suo cuore cessò di battere. E sotto la luce bianca della luna piena esalò l’ultimo respiro.

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La Zattera

by on set.19, 2012, under blog

“E vi fu una grande tempesta che sorprese la Grande Nave. Tutto andò perduto. Fu risparmiata una bambina che, disperata e tremante, rimase aggrappata per giorni e giorni ad una zattera. 
Ma le forze l’abbandonarono, si arrese ed, esausta, lasciò la presa.
Sentì il suo corpo cadere nel liquido blu e freddo. Ed un pesante velo nero coprì i suoi occhi. 
Intanto le Onde ormai placate trasportarono il suo corpo per lungo tempo fino al giorno in cui quella riacquistò la vVsta. In un solo istante tutti colori del mondo invasero il suo cuore e la bambina rise. E vide cose mai immaginate prima. 
Quando fu pronta, le onde la lasciarono su una spiaggia. Era Nuda e Salva. E con i segreti del Mare nel Cuore.”

(A.d.D)

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Sogno di…

by on mar.04, 2012, under blog

“Sogno di Terre incantate che piede umano mai potrà toccare. E di alte Montagne sospese nel Cielo. E di pesci rossi e verdi e azzurri dalle grandi ali piumate. Sembrano ballerini che fluttuano privi di peso, come piume, disegnando incredibili coreografie. Sogno del principe Zucca, a cavallo della Luna, che con mani gentili mi indica un sentiero di zucchero candito tra gemme colorate. E all’orizzonte, scorgo il suo castello sospeso ad una enorme ragnatela di cristallo.
Come fare per raggiungerlo?
E uno squillo di tromba accorre in mio soccorso. Un gruppo di dieci soldati di latta marciano con ordine in fila indiana. Stringono baionette dalle quali spuntano ranuncoli. All’ ‘alt’ del loro comandante fermano la marcia e tutti insieme sparano verso il castello. Dai fucili partono i ranuncoli variopinti a formare un ponte odoroso verso il Castello del principe Zucca.
Attraversare un Ponte di Ranuncoli è una cosa straordinaria. Sotto i miei piedi vedo scorrere mari di stelle e galassie e pianeti e immensità. Tanto è grande questa immensità che lo stesso Tempo ha dimenticato se stesso. Poca strada mi separa ancora dal principe Zucca. Ma il Ponte di Ranuncoli si sgretola. Miriadi di Stelle protendono le proprie braccia d’argento verso di me per trattenermi ma invano. E precipito nel vuoto. Anche la luce ormai si è affievolita. Sento che qualcosa in me sta cambiando. Comincio a rimpicciolire ed atterro su di un pulviscolo. Ondeggia lievemente. E addormentandomi, mi risveglio nel mio letto” (A.d.D.).

Scheherazade ~ The Young Prince & The Young Princess

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Il puledro e il grillo

by on gen.28, 2012, under blog

Un tempo venne al mondo un puledro dalla criniera verde come lo smeraldo ed il manto nero come la notte. Viveva assieme al suo branco che dimorava in una vasta radura ai confini di un bosco fitto e lussureggiante.

Egli, contrariamente ai cavallini della sua età non ascoltava i preziosi consigli dei membri più saggi del branco. E di spirito indomito, preferiva cavalcare da solo di giorno e di notte nitrendo felice e cantando al Sole e alla Luna. E a nulla valevano le raccomandazioni di sua madre, una grossa giovenca color del latte che lo mettevano in guardia sui pericoli del bosco. Il puledro non si spiegava le ragioni di quel timore per quegli alberi tanto alti, per cui un giorno, deciso a fare il grande salto, galoppando gagliardo, si inoltrò nella selva.

Il bosco era diverso dalla prateria, i suoni ed i colori che percepiva erano diversi. E preso dall’incanto di tutta quella bellezza, smarrì la strada. Arrivò infatti ad un bivio e cominciò a nitrire nervosamente.

Abitava quei luoghi un grilletto senza ali che trillando e saltellando, trascorreva la propria esistenza. Quando vide quel puledro che scalciava impettito aggirarsi intorno, così gli parlò:

“Buon giorno straniero, cosa ti porta in questi luoghi?”.

E quello: “Buongiorno a te, amico. Mi piace scoprire il mondo”.

“Non appartieni alla mia foresta, non hai paura di smarrire la strada?”.

“Certo che no, grillo. Una volta persa, cosa mi vieterebbe di ritrovarla?”.

“Nulla te lo vieterebbe – rispose l’insetto – come nulla vieterebbe di non trovarla mai più e perderti per sempre. Non hai paura?”.

“Un po’ – nitrì il cavallino – ma le gambe mi portano da sole e non credo sia giusto fermarle. Andrei contro me stesso”.

“Non bisogna andare contro se stessi – proseguì il grillo – Allo stesso modo non bisogna spingersi troppo oltre. Per ogni viaggio vi è sempre il suo tempo. Andare troppo veloci rischia di nuocerti. Perchè non ti fermi e torni nella tua radura? Assieme ai tuoi compagni e a tua madre? Sei molto giovane e hai ancora tanto da imparare.”

“Forse lo sono ancora ma non posso stare fermo. E come dire a te di non parlare.”

Il grillo rise per quella affermazione per nulla offeso. Comprese che quella a parlare era l’inesperienza del giovane cavallo e non il suo cuore. “Giovane puledro, colui al quale madre Natura ha donato uno spirito indomito deve stare sempre molto attento; se ad esso, infatti, non si accompagna l’umiltà, quello spirito è destinato prima o poi a soccombere. Tale qualità, infatti, è fondamentale per chiunque voglia intraprendere un viaggio difficile e pericoloso e portarlo a termine senza perdite. Fa tesoro di ciò che ti dico, poichè è detto da chi ha spezzato da solo le proprie ali a causa dell’inesperienza”.

Detto ciò saltò via e scomparve, lasciando il giovane puledro pensieroso dinanzi quel bivio.

 

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SORRIDI

by on gen.06, 2012, under blog

“Quando intorno a Te Tutto comincerà a vacillare
e non riuscirai a comprenderne il motivo.
Quando perderai il Senso delle Cose del Mondo
perchè un grande dolore schiaccerà il tuo cuore.
Quando ti capiterà di sentirti solo tra la moltitudine
di persone perchè ti avranno rubato l’Amore.
Quando ti ritroverai a percorrere la Strada in salita
perchè è l’unica Via da solcare.
Quando la Notte sarà senza stelle
perchè la Luna non intonerà il Suo Canto.
E quando la Morte strapperà alla Vita coloro che ami di più
perchè è scritto che accada ciò.

Non avere Paura.
Chiudi i tuoi occhi e Sorridi.

Non tentare di capire perchè tutto intorno a Te sembra vacillare.
Non accanirti ad afferrarre il Senso delle Cose del Mondo.
Non sentirti solo soltanto perchè hai perso l’Amore.
Non odiare quella Strada solo perchè è in salita.
Non piangere perchè la Luna quella notte non intona il Suo Canto.
Non offendere la Vita solo perchè fa il suo decorso.

Non avere Paura. Ma chiudi gli occhi e Sorridi.

Abbi il Coraggio di accettare che Tutto può finire.
Abbi l’Umiltà di non voler comprendere Ogni Cosa.
Abbi la Gioia di donare l’Amore.
Abbi la Costanza di percorrere quella Strada perchè è la Tua Via.
Abbi la Pazienza di attendere una Notte Migliore.
Abbi la Fede in ciò che Sei per amare la Vita e la Morte allo stesso modo.

Non avere Paura. Tutto fa parte del Tuo Viaggio.
Questo è il Segreto.
Ricordati di ricordare
e vedrai prodigi compiersi.”
(liberamente tratto dal “Il Segreto”, by Argia di Donato on mar.03, 2009, under blog)

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All’alba

by on feb.02, 2011, under blog

“Erano tantissimi.
A centinaia e centinaia,
sbucavano ovunque
e con le lunghe braccia pallide
ci afferravano tutti.

Erano alti più di due metri
e vestiti con tessuti di colore scuro,
le bocche enormi splancate
le lingue rosse di sangue.

Grosse teste troneggiavano su esili spalle.
Facevano scempio di tutti noi,
montando sulle nostre schiene
come se fossimo cavalli.
Senza alcun ritegno
ci maltrattavano
attendendo il giorno dopo
per offenderci ancora.

Io scappai con il Maestro,
attraverso la porta dorata
intarsiata che conduceva
alla grande stanza esagonale,
fatta di specchi.

E attraverso quegli specchi,
i miei occhi atterriti osservavano
lo spettacolo orrendo.

Ma qualcuno di quei mostri invasori,
si accorse di noi.
Cominciò a picchiare
sulla porta dorata
per entrare nella stanza
e afferrarci.

Il Maestro allora mi lasciò
mi disse –Non avere timore –
ed uscì per affrontare quei mostri.

Poi il sonno terminò.
E, finalmente, mi svegliai.”

2 febbraio, ore 06.30

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La statua

by on dic.01, 2010, under blog

C’era una volta una statua. Era uscita fuori dalle abili mani di uno scultore come tanti. Niente vi era di più bello delle forme intagliate nel marmo che riproponevano spalle gentili, fianchi opulenti e timido ventre, avvolte da un manto sottile. Il volto, incorniciato da chioma di perle, esprimeva grande dolcezza con le labbra semichiuse e gli occhi fissi verso l’infinito innanzi a sé.

Un ricco signore ne era rimasto incantato e, scegliendola tra tutte, l’aveva presa per sé. Voleva che adornasse il suo bel palazzo per destare l’invidia di tutti i suoi ospiti. Così la pose al centro della sala più grande della sua casa in modo che tutti potessero ammirarla e adorarla.

Ma ci fu un violento terremoto che rase al suolo la città e con essa il grande palazzo del ricco signore. Solo la statua fu risparmiata dalla Terra che ne fu avvinta per le grazia e la bellezza che trasmetteva. Ora la meraviglia di marmo si ergeva su di un cumulo di macerie e l’eco del suo pianto disperato si spandeva per l’aria.

Il Tempo trascorse senza che anima viva visitasse quei luoghi.

Un giorno passò di lì uno scarabeo. Vide le tristi macerie e, su quelle, la statua che si disperava.
“Perchè piangete mia Signora?” le domandò.
“Non posso evitarlo” rispose ella.
E lo scarabeo “Raccontatemi, dunque, cosa vi è successo”.

“Piango per queste macerie, resti di un grande palazzo di un antico e nobile signore. I miei giorni erano felici ed ero la regina della casa. Tutti venivano a vedermi, per quanto fossi bella e aggraziata nelle forme. Poi un giorno, l’ingiusta Terra decise di tremare e rase al suolo ogni cosa, distruggendo tutto e portando via con sé la vita. Orrore e morte questi occhi hanno visto. Dolore e disperazione queste orecchie hanno sentito. Implorai allora, gli Dèi affinchè il tremore violento distruggesse anche me. Ma quella, ormai sazia, si placò ed io fui ignorata. E non avrei mai voluto. Ella, crudele, mi ha condannata a vivere l’eternità su un cumulo di macerie.”

“Mia triste signora” disse lo scarabeo che intanto era volato sulla spalla marmorea della statua “comprendo molto bene. La Desolazione ha l’amaro effetto di trascinare nel suo vortice chiunque abbia a che fare con lei. Assieme alla Malinconia scava nel cuore un solco dove riporre il seme del Dolore che, crescendo, si autoalimenta. Ciò che accaduto è stato, mia cara Signora. Non piangete più”.

“Come puoi chiedermi di non piangere? Come puoi chiedermi di non disperarmi? Non le vedi le macerie? Non senti il palpito mancante di ciò che non esiste più?” ribattè quella offesa ed arrabbiata.

E lo scarabeo, posandosi sul petto della statua, dove ha sede il cuore dell’uomo, le sussurrò “ Mia dolce Signora, anche se cento tra gli operai più valenti si adoperassero per ricostruire il suo bel palazzo, non riuscirebbero a riproporlo così com’era un tempo. E’ cosa giusta offrire l’opportunità al Dolore di uscire fuori da noi ma non è altrettanto saggio perseverare nel dannarsi per un qualcosa che ormai è andato. Le macerie sono testimoni della bellezza che fu. E che non tornerà più. Ma ciò non è per forza un male. Voi siete testimone del dolore che fu e memoria di quanto accaduto. Ma allo stesso tempo, siete anche garante della bellezza e dell’opulenza del grande palazzo. Sappiate, dunque, conservare questo ruolo e abbandonate il dolore. Nulla è mai come è. Tutto diviene. Tutto si trasforma”.

La statua fermò il suo pianto allora, smossa dalle parole del saggio scarabeo. Rimase in silenzio ed un raggio di sole la illuminò, rendendola candida come una stella. Il verde scarabeo volò via verso il cielo.

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