Dicono di me
Diana Gianquitto, critico d’arte.
Un giorno una fatina scintillante nacque da un albero di pesco; la sua voce era tintinnante come campanella, il suo passo vivace come una danza, il suo sguardo un po’ timido e un po’ sfacciato come la rossa ciliegia; il suo nome, tutti l’avrete capito, era Argia.
Fu forse per ritrovare il suo mondo di fata che Argia incominciò da subito a disegnare, con una spinta che le veniva da dentro come un vorticoso giro di giostra, immagini e figure di fatine come lei; per sentirsi, forse, meno sola, in un mondo che sembrava aver dimenticato il prato nel cemento, o per non perdere mai quella imprevedibile e un po’ sornionamente dispettosa capacità di volare via, proprio sul più bello, che è propria delle fate. Solo che ora, invece di spiegare le sue ali vere, distendeva quelle della fantasia.
Fu così che, disegnando disegnando, Argia scoprì i colori, e poi vide come anche il mondo attorno a lei poteva essere fatato, e incominciò a raffigurarlo in mille immagini di sorprendente vivacità. Colori fiammeggianti, iridati, vibranti. Gli indico degli iris, i porpora delle conchiglie, gli arancione delle arance figlie del sole, i gialli di quei chicchi di luce chiamati grano. E, uno a uno, li screziava quasi sempre di quel particolare tono di magenta che è diventato la sua cifra distintiva, e che così tanto assomiglia all’aperta generosità e alla vitalità di Argia. E’ generosa, la nostra amica alata, e per questo non conta i colori che profonde, e li lascia correre liberi sulla tela, spontaneamente, come puledrini. E tutti gli oggetti e le fate, gli animali e gli alberi, gli esseri e le storie che dipingeva, lei li contornava di una linea forte ma curva come un canto, come a volerle accompagnare e proteggere nel loro uscire dal caldo nido della sua fantasia per affrontare il mondo. Ma no, lei voleva che prendessero il volo, queste immagini figlie di un sorridente sogno, e che andassero per le case e i viali, le piazze e i negozi, e – perchè no? – per gli uffici e i tribunali, questi esseri accesi di colore e di fantasia, per portare le loro voci di ridente allegria a tutti noi. Per coinvolgere noi tutti nel loro mondo di gaia estate, per regalare anche a noi, forse, quel trucco di felicità che sentivano di aver scoperto. Una polverina magica, chissà. E’ per questo che queste immagini sono qui, ora, nel mio e nel tuo computer, per illuminare il tuo viso e il tuo schermo del sorriso della nostra fatina e della speranza che lei vuole comunicare a me e a te…aspetta, guarda…vedi? Non ti accorgi che anche i pixel del tuo monitor ora sembrano più luminosi? Ballano via, salgono in cielo, e si trasformano…come bollicine in preda a una lieve euforia…liberi, finalmente, anch’essi …“
Emilio Pellegrino, filosofo, pittore e scrittore.
“Aperta, vulcanica, solare, ironica, coinvolgente, entusiasta,fantasiosa, serena… Argia …una pagina, in quadricromia, illustrata nel libro della Vita“.
Domenico Raio, scrittore.
“Argia di Donato si appresta ad affrontare l’agone letterario con alcuni interessanti lavori che rispecchiano un animo sensibile che non sempre emerge dalle frequentazioni più formali. Degli artisti rivela la difficoltà di accettare l’asprezza della vita quotidiana e dei rapporti interpersonali, motivo per il quale nella sua produzione letteraria è sempre l’elemento fiabesco a fare da contraltare a quella realtà che potrebbe rendersi migliore di come si presenta. In che modo, è ella stessa a indicarcelo nei suoi testi.
Elena Varriale, poetessa.
“Quelle di Argia Di Donato sono favole per adulti bambini. Sono favole per chi vuole lasciarsi trasportare e navigare, ancora una volta e testardamente, nella meraviglia del mondo. Con gli occhi incantati da un raggio di sole, dal pulviscolo di stelle cadenti, dall’impetuoso scrosciare dell’acqua nel letto di un fiume o dal leggiadro e liberatorio sbattere di ali di una farfalla.
“Tutte le cose vere” ha scritto Honorè de Balzac “somigliano a favole” ed è con questa consapevolezza che Argia ci racconta le sue storie. Squarci della realtà che si colorano di sentimenti e di speranza. Delicati come pennellate che sfumano tinte, ed incisivi come le parole che cercano l’uomo.“