Ogni uomo ha da sempre in sé l’ambizione di volare ma, per quanto abbia inventato e costruito manufatti e imbracature di ogni sorta capaci di portarlo nei cieli, a tutt’oggi, non è ancora riuscito a fabbricarsi un paio di ali vere. O forse, in un futuro prossimo, arriverà a riprodurre in laboratorio delle appendici che, applicate agli individui ancora nella fase di sviluppo fetale, metteranno piume e penne per poi mutarsi in vere e proprie ali.

Questo pensiero si fa riflessione profonda, soprattutto in occasione delle ‘evoluzioni’ nel percorso storico e sociologico umano degli ultimi tempi. 

Madre surrogata. Utero in affitto. E poi, ancora, simulazioni doglie e parti di chi, per natura, non ha la predisposizione a farlo.

La questione è complessa e la risoluzione delle controversie ad essa sottesa, ancor più complicata.

Personalmente non condivido la pratica, che traccia una strada ben marcata nella coscienza individuale e collettiva, dell’utero in affitto. Come donna, mi appare illogico, nonché insano, voler essere madre di un bambino partorito da un’altra donna. Non ho vissuto la maternità, ma posso provare ad immaginare quel delicato legame, destinato a divenire eterno, fatto di emozioni, carne, sangue e pensieri che si crea tra il feto e la donna che lo porta in grembo. Il solo parlare alla propria creatura, ancora nella pancia, o il riconoscimento del genitore attraverso l’odore o il suono della voce, la stessa ascoltata durante la gestazione, crea un linguaggio complesso che il neonato codifica con sensazioni di ‘protezione, calore, bisogno e necessità’, attestando, quindi, l’esistenza di un meccanismo animale che ci assimila a tutti i mammiferi del nostro pianeta. Meccanismo che ci avvicina agli Dèi: la capacità e la possibilità di riprodurre la vita in modo naturale e semplice, il sacro miracolo a cui il genere umano assiste dalla sua prima comparsa sulla terra. Ma vi è un altro aspetto, altrettanto importante: la nostra vita è costellata da desideri e necessità. Il compito delicato del Legislatore, nell’elaborazione di una norma, consiste nell’adattamento di interessi e desideri disuguali, una sorta di compromesso regolatore per creare una direttrice comune. Va da sé che ogni sogno, voglia o smania non può rappresentare, in via assoluta, il conseguimento di un diritto. Il ragionamento è tanto logico quanto di difficile accettazione. Non condivisibile, pertanto, questa pratica che banalizza la procreazione e la vita. Non discuto se sia giusto o meno che gli omosessuali possano essere genitori. Non faccio differenza tra una coppia etero e una omosessuale. Non condivido in ogni caso. E questo, naturalmente, esula dal distinguere tra genitorialità giuste e genitorialità sbagliate. Non entro nel merito. Preferisco guardare alla Natura e imparare dai suoi cicli naturali. E in Natura non esiste il mercato del compro perché non posso.

Perché essere genitore a tutti i costi? Perché mettersi al posto dell’ordine naturale delle cose, e decidere di impastare un bambino, farlo venire al mondo, togliendogli l’opportunità di conoscere la propria provenienza? Perché assumersi la responsabilità sul futuro di quello che sarà un essere umano? Perché non scegliere, invece, di prendersi cura di chi, già nato, ha bisogno di una famiglia? Perché non favorire una legislazione più accomodante e favorevole all’infanzia negata? Perché essere parte di un gioco pericoloso, destinato a diventare un orribile mercimonio?

Se non potessi avere figli, se mi fosse preclusa la maternità, non sceglierei mai di far crescere mio figlio nell’utero di un’altra donna. E se lo facessi, poi, con quale coraggio affermerei di essere più madre di colei che lo ha portato in grembo? Cosa mi direbbe mio figlio? Come si sentirebbe? E soprattutto, cosa farebbe? Perché avere per forza quello che non si può? Forse il mio desiderio è più importante di qualsiasi cosa al mondo? Forse il mio bisogno di amare mi autorizza a pretendere l’inconcepibile? Forse nel mondo presente posso compare tutto quello che voglio?

Forse, forse, forse e ancora una volta forse. In un mare di perché. E nessuna certezza.

Non possiamo non interrogarci sulle conseguenze che una gravidanza surrogata possa avere. Come non possiamo volare da soli, perché non abbiamo le ali. Possiamo sognare, quello sì e accettare ciò che è per quello che è. Senza forzature. Come l’amore della madre verso il figlio: che non chiede e non pretende ma che accoglie con devozione e senza alcuna aspettativa. Non tutto può essere acquistato, né sentimenti né ali. Ancor meno, bambini.